Garlasco, l’ultimo atto dell’incidente probatorio si svolge tra nuove analisi sul DNA e la presenza inaspettata di Alberto Stasi. La famiglia Poggi rompe il silenzio con parole di fermezza e sofferenza.

L’aula del Tribunale di Pavia è oggi il teatro dell’ultimo, cruciale capitolo dell’incidente probatorio sul delitto di Chiara Poggi, il giovane architetto ucciso il 13 agosto 2007 nella villetta di famiglia a Garlasco. Dopo quasi diciotto anni, il caso giudiziario tra i più intricati e seguiti della cronaca nera italiana vive una nuova, tesa giornata di accertamenti tecnici destinata a influenzare il futuro delle indagini.
Al centro del confronto tra consulenti della difesa e della procura resta il profilo genetico maschile rinvenuto sotto le unghie di due dita della vittima. Le ultime perizie si concentrano sulla compatibilità di quel DNA, che secondo gli esami potrebbe essere ricondotto ad Andrea Sempio, oggi indagato per concorso in omicidio, o a soggetti della sua linea paterna.
Un elemento scientifico che continua a sollevare interrogativi profondi e a riaccendere il dibattito processuale. La possibile traccia riconducibile a un altro uomo riapre scenari investigativi in un procedimento che sembrava chiuso con la condanna definitiva di Alberto Stasi, l’ex fidanzato di Chiara, a sedici anni di carcere.
Proprio Alberto Stasi è comparso oggi in aula, una presenza non annunciata che ha attirato immediatamente l’attenzione. La sua comparsa riporta inevitabilmente il suo nome al centro della vicenda mentre proseguono accertamenti che potrebbero mettere in discussione la ricostruzione processuale finora consolidata.
Poche ore prima dell’udienza, davanti al tribunale, ha parlato a nome della famiglia Poggi l’avvocato Francesco Compagna. Le sue parole sono state nette e cariche di emotività, segno di una ferita mai rimarginata. “Ben vengano gli approfondimenti, li abbiamo fatti e i risultati sono questi”, ha dichiarato il legale.
“Io sono convinto della colpevolezza di Stasi. Il nostro ordinamento prevede una strada che è quella della revisione. Così si rischia di rovinare la vita di persone innocenti”. Una presa di posizione ferma che ribadisce la fiducia nella sentenza di condanna definitiva, nonostante le nuove indagini tecniche.

L’avvocato Gianluigi Tizzoni, che assiste la famiglia insieme a Compagna, ha sottolineato il peso umano di questo continuo riaprirsi del caso. Ha riconosciuto la necessità degli accertamenti, ma ha evidenziato il profondo impatto emotivo su tutti i soggetti coinvolti, a partire dai genitori di Chiara.
L’incidente probatorio rappresenta quindi un crocevia non solo tecnico, ma profondamente simbolico. È il luogo dove la scienza forense tenta di rispondere a domande rimaste in sospeso, mentre il dolore privato di una famiglia si scontra con le esigenze della giustizia e la ricerca di una verità forse più complessa.
Il caso Garlasco dimostra, a quasi due decenni dai fatti, come la ricerca della giustizia possa essere un percorso lungo e tortuoso, capace di riportare alla luce dettagli inediti e di riaprire conflitti giudiziari. Ogni nuova analisi tecnica scuote le fondamenta di una verità processuale considerata acquisita.
La presenza di Stasi in aula aggiunge un ulteriore strato di complessità a una giornata già carica di significato. La sua figura, da condannato definitivo, si riaffaccia in un momento in cui le indagini sembrano esplorare piste alternative, creando un cortocircuito tra passato e presente del processo.
Gli esiti di questa fase istruttoria, attesi nelle prossime settimane, saranno determinanti. Potrebbero confermare la solidità della sentenza di condanna oppure aprire la strada a scenari processuali del tutto nuovi, incluso un eventuale riesame della posizione di Alberto Stasi dinanzi alla Corte di Revisione.

Intanto, le parole degli avvocati della famiglia Poggi risuonano come un monito. Ricordano che dietro ogni tecnicismo giudiziario, ogni profilo genetico analizzato, c’è la storia straziante di una giovane vita spezzata e di un lutto che le famiglie portano avanti da anni, in cerca di pace e certezze.
La ricerca della verità giudiziaria sul delitto di Garlasco continua a procedere su un filo sottile, tra il dovere di esaminare ogni nuovo elemento e la necessità di non trasformare il processo in una perpetua fonte di tormento per i familiari della vittima. Un equilibrio delicatissimo.
Mentre i periti discutono di alleli e marcatori genetici in aula, fuori dal tribunale il ricordo di Chiara Poggi rimane vivido. La sua morte ha segnato profondamente l’opinione pubblica, trasformando Garlasco nel simbolo di un giallo irrisolto che ancora oggi divide esperti e opinione pubblica.
L’udienza di oggi non conclude il percorso, ma ne segna una tappa fondamentale. Il giudice dovrà valutare se le nuove acquisizioni tecniche sul DNA siano idonee a richiedere ulteriori investigazioni o se, al contrario, non scalfiscano la cornice probatoria già definita in sede di giudizio di legittimità.
Il silenzio rotto oggi dalla famiglia Poggi attraverso i suoi legali è un atto di grande significato. È la voce di chi, dopo anni di battaglie in tribunale e di esposizione mediatica, chiede che sia rispettata la sentenza che ha indicato un colpevole, pur nel rispetto formale delle nuove indagini.

Il caso resta aperto nella sua capacità di interrogare il sistema giustizia. Testa la tenuta delle prove scientifiche di ieri alla luce delle tecnologie di oggi e mette alla prova il delicato meccanismo della revisione processuale in un paese dove i cold case spesso tornano a far discutere.
Tutto ciò avviene mentre l’indagato Andrea Sempio, la cui possibile connessione genetica è al centro delle analisi, attende gli sviluppi in una posizione del tutto nuova rispetto alla narrazione processuale dominante fino a pochi anni fa. La sua linea difensiva osserva con attenzione ogni passaggio.
La giornata di Pavia si chiude, quindi, con più domande che risposte immediate. Ma ha il merito di aver riportato alla luce le voci di tutti gli attori in campo, dai tecnici ai legali, dai familiari della vittima allo stesso condannato, in un confronto aspro e necessario.
Quasi diciotto anni dopo quel tragico agosto, Garlasco continua a insegnare una lezione amara: la verità processuale può essere un obiettivo mobile, soggetto alle evoluzioni della scienza e alle nuove interpretazioni dei fatti. E il cammino verso una giustizia percepita come definitiva è spesso una maratona.
L’attesa ora si sposta sugli esiti formali dell’incidente probatorio. Le decisioni che scaturiranno da questa fase potrebbero scrivere un nuovo capitolo, forse l’ultimo, di una storia che ha appassionato e diviso l’Italia, mantenendo viva la memoria di Chiara Poggi e la sete di giustizia per la sua morte.
